- Alessandro Padoa
3. Caos calmo
C’era una volta. Iniziano tutte così, le favole. C’era una volta. E quella che sto per raccontarvi ha un sacco di aspetti validi per essere considerata una favola. Personaggi assurdi, comportamenti irrazionali, gente che parla una lingua che non esiste. Tuttavia, c’è una grande differenza tra quello che sto per dirvi e le favole. Quello che sto per dirvi è tutto vero. Ma vero nel senso di visto con i miei occhi. Vero nel senso di vissuto. Non vero per sentito dire.
E allora, c’era una volta. C’era una volta del fango su una strada. Fango misto ad acqua in una piena giornata di sole. Trentadue gradi. E, vicino a questo fango, due mezzi enormi dei vigili del fuoco, più un pick-up di un altro servizio stradale non meglio identificato. Cosa facessero di preciso, non lo so. Ispezionavano quel tratto di strada come se si trovassero di fronte ad una catastrofe. Ad un’alluvione, quando in una giornata piovosa, per noi italiani, quella è assolutamente la normalità. Ora, io non so bene quale dei due approcci al problema sia il migliore. Il nostro, che poi non è un approccio, perché trattasi di un non agire, o il loro, ossia una mobilitazione di uomini e mezzi molto spesso esagerata. Ma questa è l’America. Anzi, gli Stati Uniti d’America. Il paese dell’esagerazione. Questa, però, non era né la prima né la più ingente delle mobilitazioni di mezzi di soccorso alle quali avevo assistito. Perché il mio battesimo con il dispiegamento di tali mezzi era avvenuto già pochi giorni dopo il mio arrivo in Florida. Ero sulla spiaggia di Pensacola, una striscia di sabbia bianca bagnata da un mare azzurro. Se lo vedi da lontano è bellissimo, come la maggior parte delle cose che si trovano in America quando le vedi a distanza. Invece poi l’acqua è sempre gelida, il mare mosso, ci sono gli squali (visti con i miei occhi) e, soprattutto, manca la cultura della vita da spiaggia che abbiamo in Italia. Mancano le sfilze di ombrelloni colorati con abbinati lettini che danno quel senso di organizzazione della spiaggia, sostituiti da tristi gazebi scoloriti e sedie a sdraio portati da casa, manca la musica di sottofondo alle sei di pomeriggio. Manca l’aperitivo. Manca l’atmosfera. Comunque, in quel pomeriggio, erano circa la quattro mi pare, successe che un ragazzo entrò in coma etilico. Si, alle quattro di pomeriggio, in spiaggia, un tizio era andato in coma etilico. Questa è la cartolina che ricevetti a pochi giorni dal mio arrivo negli States. Alla scena, già ridicola di per sé e quasi incomprensibile agli occhi di un italiano, si aggiunse però quanto sto per dirvi. Prima, però, premessa: cosa sarebbe successo, a questo punto, da noi? Cosa sarebbe successo, a questo punto, a Fregene? Ve lo dico io: gradualmente, si sarebbe formato un capannello di gente dinanzi al tizio. Ma non gente qualificata, no. Gente a caso, quella che puoi trovare tutti i giorni sul litorale. Dunque, in ordine sparso, sappiamo per certo che sarebbero apparse le seguenti persone: il finto esperto medico, che si china sul malato nel tentativo di farlo rinvenire e, contestualmente, urla “via, via, allargatevi, fate aria”. Il “fate aria” viaggia nell’aria di bocca in bocca, ma maggiore è il numero di persone da cui viene udito, maggiore sarà l’afflusso di individui allo spettacolo. Ovviamente ci sono gli amici della vittima. Questi saranno, da prassi, tranquillissimi. Saranno quasi increduli, e colpiranno Michele con dei calcetti sperando di scuoterlo, accompagnando il tutto con commenti del tipo “dai ma sta a scherza’, sta a fa’ finta se vede, guarda, guarda sta a ride’…”. Dall’altra faccia della medaglia troveremo invece le amiche che, portandosi le mani giunte davanti alla bocca, con voce strozzata, diranno, se qualcosa diranno, “fate qualcosa”. A pochi metri dalla folla vediamo però una coppia di ragazzi, un maschio e una femmina, discutere animatamente accompagnando tutto con ampi gesti. Lei è la fidanzata di quello che si è sentito male, lui l’amico che lo ha spinto a bere così tanto da sentirsi male. Possiamo benissimo percepire il labiale di lei. Scandisce in continuazione la frase “tu sei proprio un cojone, un cojone”, mentre con la mano destra, pollice e indice giunti in punta, agita la mano su e giù. Lui, in risposta, ha le mani unite di fronte al corpo al petto, che oscillano a tempo con lo scuotimento della testa. Sta dicendo “ma cosa cazzo centro io se il ragazzo tuo è un imbecille?”. Oramai la scena è sotto gli occhi di tutti. Qualcuno è andato a chiamare la signora del bar dello stabilimento, che arriva con una bottiglietta d’acqua la quale viene versata a con intervalli regolari sulla faccia di Michele. C’è un bambino che osserva la scena. Ha un cappellino con la visiera, rigorosamente della Ferrari, e una canottiera blu leggermente scolorita con scritto sopra Tahiti beach, perché la moda bimbo prevede da sempre l’introduzione di questi nomi esotici nei capi di abbigliamento. Nonostante la lontananza, è facile capire come la marca della canottiera sia Original Marines. Lui è là, e osserva tutto con la reverenza e la timidezza che un bambino della sua età è normale abbia. Ma poi si fa forza, si avvicina e dice “mio padre è un medico”. Alla terza volta qualcuno lo ascolta. Il padre è sdraiato dieci file di lettini più avanti, dorme sotto al sole. È in ferie. Crede di esserlo perlomeno. Ma da lì a poco non lo sarà più.
Bene, questo è quello che, grandi linee sarebbe accaduto da noi. Ed è giusto che accada così. È giusto che tutto si risolva nell’improvvisazione, nel folklore. Nella caciara che si diffonde a parole confuse, soffuse, nell’etere, arriva alle nostre orecchie e da esse viene rielaborata dal nostro cervello. Questo, automaticamente, associa tutto ciò ad una sola parola: casa. Ma non voglio parlare Dell’Italia, perché come funzionano le cose da noi, più o meno, lo sapete tutti. Voglio parlare degli USA.
E allora, torniamo alla nostra scena: quattro di pomeriggio, spiaggia di Pensacola. Per circa mezz’ora non accade nulla. Nessuno in spiaggia si preoccupa. Nessuno nemmeno guarda. Ma è uno stato di calma destinato a durare veramente poco. Arrivano due macchine degli sceriffi della contea. Lo sceriffo della contea è probabilmente una figura che a noi ricorda due cose. La prima è il Far West. Sceriffo con la stella al petto e stivali e Far West è un connubio super inflazionato nell’immaginario collettivo italiano. La seconda è lo sceriffo di Nottingham, quello di Robin Hood, uno dei personaggi più fastidiosi e odiati dei cartoni animati Disney. Negli Stati Uniti è una figura alquanto comune, prendendo la macchina per tragitti superiori a venti minuti, è molto probabile imbattersi in una macchina degli Sheriff. Comunque, dicevo, arrivano questi sceriffi e si può dire tranquillamente che non facciano assolutamente nulla. Poi arrivano tre pick-up della beach lifeguard, che sarebbero dei bagnini un po’ più attrezzati dei nostri. Anche loro non fanno nulla. Dopodiché compaiono tre quad, per un totale di altri sei persone non ricordo appartenenti a quale istituzione. Indovinate cosa fanno. Nulla, che devono fare. Si sta tutti lì, si commenta, si fa qualche domanda agli amici astanti. Poi arrivano i vigili del fuoco, arrivano dei personaggi con delle sacche in spalla con, se ho visto bene, attrezzatura da sub. Cioè, le pinne sono abbastanza sicuro di averle viste. E, ancora, altre tre persone con una divisa blu scura, anch’essi non meglio identificati. E, ancora, nessuno fa nulla. Per nessuno fa nulla intendo che nessuno sta effettivamente prestando soccorso al tizio. Se non erro, a questo punto è arrivata anche l’ambulanza, ma si è fermata per strada. Poi, finalmente, la svolta. Arriva un altro personaggio, anche lui vestito con uniforme scura, e da’ l’ordine di caricare l’ubriaco su uno dei pick-up precedentemente pervenuti. Tutti se ne vanno. Le sirene svaniscono in lontananza. Ricapitolando, per una persona sentitasi male in spiaggia, sono stati mobilitati circa dieci mezzi di soccorso e almeno il doppio di tale numero per quanto riguarda il personale. Considerando che l'unica volta che sono andato in ospedale, per mettere due punti ad una ferita in testa, mi sono stati chiesti circa 1000 dollari, non oso immaginare l'entità della fattura che si è ritrovato quel poveraccio. Ed è questo, probabilmente, che qua spinge le persone che assistono ad una cosa del genere a non chiamare soccorsi. Una persona in stato di ubriachezza guarisce da sola, senza bisogno di particolare aiuto. Aiuto che, qui, si pagherebbe caro.
Ben consapevole di ciò, ho agito nello stesso modo in una situazione analoga accadutami appena trasferitomi dalla Florida al Texas... (continua nella parte 4).